Dagli inizi degli anni 90 in poi si è registrato un consistente incremento degli enti del terzo settore e della legislazione relativa agli stessi.
Si evidenzia, quindi un’attenzione del legislatore nei confronti del mondo del no profit.
Tuttavia la grande limitazione di questi interventi è stata quella relativa alla frammentarietà dell’intervento legislativo, che è stato sommario, frammentario, episodico e quindi senza alcuna strategia di sistema.
È il legislatore che ci chiarisce quali siano gli enti del terzo settore, fornendone una definizione in modo che sia chiaro che la disciplina prevista dall’articolo 117 si applichi solo a quelle entità che siano qualificabili enti del terzo settore, in quanto presentano tutti gli elementi dell’art 117.
Gli elementi costitutivi che rendono un ente non lucrativo, ente del terzo settore ai sensi dell’ art 117, sono tre : due di tipo sostanziale, uno di tipo formale.
Quindi, sono enti del terzo settore quelle entità in relazione alle quali esistono questi due elementi sostanziali e questo elemento formale previsto dal codice.
I due elementi sostanziali sono: la finalità, l’attività. L’elemento formale è l’iscrizione al registro unico degli enti del terzo settore.
Quindi gli enti del terzo settore sono gli enti che perseguono le finalità di cui all’articolo quattro, gli enti che svolgono le attività di cui all’articolo cinque, gli enti che sono iscritti nel registro unico degli enti del terzo settore.
Quindi il concetto di ente del terzo settore è un concetto normativo, di diritto positivo, chiaro e certo: due elementi sostanziali +1 un elemento formale.
L’art. 4 parte con un elenco e conclude con “gli altri enti di carattere privato diversi dalle società”, quindi l’elenco normativo che esiste nell’articolo quattro è un elenco di carattere esemplificativo, perché c’è una clausola generale finale che rende questo elenco aperto ad una interpretazione estensivi.
1 elemento: finalità.
Le finalità che deve perseguire un ente del terzo settore sono finalità civiche, solidaristiche, di utilità sociale. Queste finalità devono essere perseguite senza scopo di lucro.
2 elemento: attività.
L’attività deve essere un’attività di interesse generale. E dal combinato disposto degli articoli 4 e 5 Deve essere un’attività svolta in via esclusiva o principale.
L’articolo cinque prevede un elenco di attività di interesse generale. Tesi maggioritaria ritiene che questo sia un elenco tassativo e non esemplificativo, Perché l’articolo cinque consente un allargamento delle stesse ma tale allargamento è consentito solo attraverso un decreto del presidente del consiglio dei ministri.
L’articolo 6 stabilisce che l’ente del terzo settore può svolgere anche attività diverse ( cioè diverse da quelle dell’art 5). Quindi, l’articolo cinque ci dice che l’ente deve svolgere quelle attività in via esclusiva e principale, però l’articolo sei ci dice che può svolgere attività diverse.
L’articolo sei però aggiunge che, le attività diverse da quelle di interesse generale possono essere svolte solo se l’atto costitutivo e lo statuto lo consentono, e che devono essere comunque attività secondarie che vengono esercitate alle condizioni e nei limiti previsti da un decreto del ministero del lavoro.
Ci si pone quindi la domanda :”l’ente del terzo settore può svolgere attività commerciale? La risposta è positiva. Perché il decreto stabilisce che, se l’ente del terzo settore svolge un’attività commerciale in via principale ed esclusiva allora deve iscriversi nel registro delle imprese.
Le norme non sono in contrasto in quanto tra le attività di interesse generale ci sono delle attività che normalmente possono essere esercitate anche da società. Quello che caratterizza l’ente del terzo settore e il divieto di lucro soggettivo, cioè può anche svolgere solo attività commerciale, che sia chiaramente un’attività di interesse generale, purché però i ricavi vengano destinati sempre all’attività di interesse generale, con il divieto di distribuirne gli utili. Tranne le eccezioni relative all’impresa sociale.
Cosa accade se c’è un abuso dello stato di ente del terzo settore?
Eliminazione degli effetti. Cioè eliminare il regime di favore previsto per gli stessi e applicare la disciplina generale. Con la distribuzione degli utili l’ente diventa un vero e proprio imprenditore commerciale. Il regime è quello della società in nome collettivo.
In conclusione, se un ente del terzo settore che può svolgere attività commerciale, inizia a distribuire gli utili, a c’è un abuso dello stato di ente del terzo settore e si applica il regime generale, cioè la disciplina della società in nome collettivo, con relativa sottoposizione al fallimento e al pagamento delle tasse come una normale impresa commerciale. Quindi si disconoscono tutti gli effetti e i vantaggi.
Per ulteriori informazioni sotra rimane a vostra disposizione.
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